ROSSELLA & MASSIMO
24 settembre 2010
Sono passati 5173 giorni dal nostro matrimonio

PERCHE' SPOSARSI?

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Non chiedetevi mai cosa provate l'uno per l'altra, perchè non riuscireste mai dirvelo....
Accettatevi e amatevi per quello che siete;

con i vostri dubbi, le vostre incertezze, le vostre paure...e...perdonatevi per quando vi ferirete o semplicemente per quando vi arrabbierete......
Perchè se aspetterete di essere "Angeli" per abbandonarvi all'Amore ....

non amerete mai....!!!!

La risposta più ovvia sarebbe: "Perchè ci amiamo!" ma non solo"!
Come pochi altri eventi della nostra vita, il matrimonio è un rito sacro, il cui profondo significato simbolico va al di là della ragione e nel quale, nonostante tutto, non abbiamo smesso di credere.
Il matrimonio è prendere coscienza e accettare ad alta voce delle regole, pronunciare ad alta voce il fatidico sì, prendere in maniera inequivocabile l'impegno di trascorrere il resto della vita accanto alla persona amata di fronte alle persone a cui si tiene di più: di fronte quindi a tutta la società. E per fare questo è necessario aver acquisito un grande senso di responsabilità e di consapevolezza.

Alcuni parlano della necessità dello "sradicamento" per crescere. L’amore è la chiamata a questo "sradicamento", a lasciare le sicurezze e le esperienze precedenti ("il padre e la madre") per inoltrarsi verso nuove conoscenze.

Il matrimonio è quindi la decisione di fondare una famiglia, e la famiglia è e rimane l'unico punto fermo in un mondo in cui, persi tanti valori, si fa fatica a trovarne altri che li sostituiscano.

Vivere insieme nel matrimonio non è una cosa facile. Le crisi e le separazioni lo stanno a dimostrare. E’ più faticoso vivere insieme che vivere da soli. La persona sola può soffrire di solitudine, ma ha anche vantaggi: meno responsabilità, più libertà e indipendenza e, diciamo, anche più possibilità di inseguire il proprio estro creativo.

Il matrimonio sembra, almeno apparentemente, comportare una rinuncia o più rinunce.

Abbiamo sentito spesso dire che il matrimonio è rinuncia, dove i due rinunciano a qualcosa per poter comporre la loro unione. Ci saranno ritocchi alle proprie abitudini di vita o alla propria istintualità (lo stare con l’altro potrà e dovrà limare certe nostre egoistiche spigolosità), però lo sposarsi non può essere il luogo della rinuncia, neppure se fatta per amore.

Allora perché ci si sposa?
La scrittrice Milena Jeshenka compagna per lungo tempo dello scrittore Kafka affermava:
"Il compito del matrimonio consiste nel tollerare la natura dell’altro, nel tollerare che l’altro si senta libero di essere quello che è".
Il compito del matrimonio è di accogliere e promuovere la differenza dell’altro lasciandolo altro".
Ci si sposa non per essere felici, ma per consentire all’altro di esprimersi, di crescere per quello che è. Sposarsi è accendersi l’uno con l’altro le diverse potenzialità.
La Jeshenka spiega quest’idea con un’altra sollecitante affermazione:
"L’amore è il sostegno per un’inferma coscienza di sé".
Ciascuna persona sa di essere inferma, debole, fragile sa di sbagliare o che può sbagliare.

Sposarsi vuole dire incontrare una persona che ti accetta anche nello sbaglio, che non ti molla neppure nel peccato, che sta con te comunque e questo sentirsi amati "comunque", ti dà la voglia di vivere e di affrontare i problemi.

Per questo ci impegneremo a non impigrirci, ci aiuteremo a trovare ciascuno la propria strada e a perseguire il proprio progetto senza mai abbandonare l’altro anche se dovessero spuntare difetti o incorrere in sbagli. Siamo convinti che non è il matrimonio che rende felici, ma sono le due persone che possono rendere "felice" il matrimonio.
Solo in un rapporto stabile, definitivo, può entrare in profondità del proprio essere e può svelarsi pienamente senza paura di essere abbandonata.
Quest’indissolubilità non può essere vissuta, però, come legge o dovere, ma come la via lungo la quale la relazione si autentica e dove ciascuna persona raggiunge il massimo della propria pienezza. In questo senso l’indissolubilità è un valore, una profezia verso cui tendere.
Sul versante matrimoniale solo da una relazione che si svolge nel rispetto, nell’accoglienza, nell’ascolto dell’altro, potrà seguire la felicità. L’accento, però, non va posto sulla felicità, ma sul tener viva l’autentica relazione.

La paura dell’impegno definitivo. E’ una paura non solo individuale, ma "culturale". Oggi c’è l’attenzione al provvisorio, al relativo. Ciò che sembra definitivo appare come incatenante la persona. Questa si sente come stretta e soffocata. Il "per sempre" sembra un vincolo che chiude e mortifica. Allora si preferisce avere amicizie e legami non definitivi. La scelta delle "convivenze" entra in questo orizzonte.
Si tratterà di vedere se l’impegno definitivo vada inteso come tensione a stare con l’altro affrontando gli inevitabili conflitti, oppure come una legge che obbliga a stare insieme anche se non c’è più l’amore.
Paura che l’amore cessi. Paura che tramonti l’amore. Questa paura è sostenuta dall’esperienza dei fallimenti matrimoniali. Il problema, però, è che si confonde innamoramento con amore. L’innamoramento cessa, deve cessare, almeno nelle sue singolarità adolescenziali. Molti pensano che con esso cessi anche l’amore. "Che gusto c’è di amarci se non si è più innamorati?"

Lo scrittore F. Alberoni alla domanda “Ma il matrimonio dura tutta la vita” risponde:

Una volta durava una vita. Perché era necessario e anche perché era socialmente utile.

Marito e moglie formavano il primo nucleo sociale, cioè la famiglia, crescevano i figli, restavano un riferimento e un esempio affettivo e culturale.

Magari, dopo anni,  non si amavano più ma avevano la pazienza di stare insieme, perché un tempo si erano amati con passione e dopo si aiutavano con rispetto.

Il matrimonio può durare anche oltre l'amore se rimane l'intesa sociale o culturale o sessuale, se c'è stima e rispetto, se restano valori che si sono condivisi e che non si vuole perdere, se c'è l'intelligenza.

Bisogna sapere che dopo l'innamoramento e la passione, se tutto va bene, viene l'amore. Che anch'esso non dura eternamente immutabile.

Poi subentra l'intesa, la stima, il rispetto, l'affetto, l'attrazione vitale (senza di te non so più stare perché, amore o no, sei comunque una parte della mia vita).

Ma per sapere queste cose bisogna aver ricevuto un'educazione sentimentale adeguata, avere la voglia e la curiosità di scoprire il partner e l'intelligenza necessaria per adeguare se stessi".

Si deve riconoscere che c’è l’innamoramento adolescenziale, quello della fusione l’uno nell’altro, e l’innamoramento che nasce dall’amore, cioè dalla "separazione".

Nell’amore le due persone sono se stesse, con la loro differenza, e si innamorano di questa eccitante differenza. Questo è un innamoramento adulto.

Bene….ci rendiamo conto che il giorno seguente ai festeggiamenti il “gioco si farà duro” e conseguentemente dovremo rimboccarci le maniche per affrontare la vita… Superata la “sbronza cerimoniale” tra flash, pioggia di riso e cori da stadio, la vita è li, ad attenderci all’uscio di casa mentre nervosamente batte il piede sul pavimento spazientita e pronta a metterci a dura prova…ma noi SIAMO PRONTI… perché con il nostro AMORE e con l’aiuto dei nostri punti di riferimento (le nostre FAMIGLIE) riusciremo a superare anche questo!


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